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16 gennaio 2008 - UNA GRANDE MALPENSA ANCHE SENZA ALITALIA di Roberto Biscardini da Il Sole 24 Ore
Domenico Cempella, già amministratore delegato di Alitalia, ha recentemente sostenuto che l’aeroporto di Malpensa sarebbe stato “ucciso nella culla” da una “classe politica locale incapace di realizzare le infrastrutture di accesso e di rinunciare all’aeroporto di Linate.” Difficile dargli torto per quanto riguarda i ritardi sul sistema infrastrutturale, compreso l’errore di aver aperto Malpensa prima di avere completato gli interventi autostradali e ferroviari, diverso è invece il giudizio sul ruolo di Linate. La tesi secondo la quale Malpensa abbia sofferto per l’esistenza di Linate non era e non è vera. La storia di questi anni ha dimostrato che la presenza di Linate non ha mai frenato la crescita di Malpensa e che Malpensa, pur con tanti problemi, non è in crisi e non è stato un flop. Malpensa si è qualificata in questo ultimo decennio tra i più dinamici aeroporti europei, passando dai 6 milioni di passeggeri del 1998 agli oltre 22 milioni nel 2006. 15 milioni in più in 8 anni, nonostante il dato pressoché stabile di 7/8 milioni di passeggeri annui di Linate La realtà è quindi un’altra: Malpensa non è un aeroporto con poco traffico, anzi è per certi versi un aeroporto congestionato, senza grandi capacità di espansione se oltre al terzo satellite, che andava realizzato subito, non avrà presto una terza pista. Quindi non solo Linate non è mai stato un problema per Malpensa, ma Malpensa sarebbe andata in crisi se non ci fosse stato Linate. Insomma chi continua a sostenere la necessità di chiudere Linate non fa gli interessi di Malpensa. Prendiamo ad esempio Alitalia che ha fatto da capofila nella battaglia contro Linate, invocando la sua chiusura come condizione per costruire l’hub di Malpensa. Era una bufala. Le ragioni erano puramente aziendali, comprensibili dal suo punto di vista, dopo aver commesso l’errore di credere che era possibile per lei, con la sua debolezza strutturale, operare su due hub, Malpensa e Fiumicino insieme. In questo senso è stata Malpensa ad essere danneggiata da Alitalia e non viceversa, ed è stata danneggiata per puri errori manageriali, così come le cronache di questi giorni dimostrano. Alitalia ha sempre rifiutato di spostare su Malpensa, anche parzialmente, la sua base di armamento, continuando a costi enormi a trasferire gli equipaggi da Roma a Milano. Con un personale sovradimensionato di quasi 10.000 unità (non le poche migliaia di cui si aveva il coraggio di parlare) e con una flotta di pochi aerei non si poteva andare da nessuna parte. Non si poteva garantire accordi bilaterali con altre compagnie straniere per aumentare il numero dei voli e il numero delle destinazioni, non si poteva favorire lo sviluppo di nessun aeroporto. In quelle condizioni nessuno sarebbe stato in grado di costruire un hub. Tanto meno due. Altro che le responsabilità di Linate. Insomma la storia ingloriosa di Alitalia, almeno in questi ultimi quindici anni, è legata, in primo luogo, all’incapacità del suo management aziendale e delle tante occasioni perse a cominciare da quando avevamo per le mani l’opportunità di un provvidenziale accordo con Klm fatto saltare dal menagment Alitalia per paura di essere messo alla porta delle regole più ferree della compagnia olandese. E’ la storia di una azienda di Stato che ha tenuto sotto scacco la politica almeno su due fronti, minacciando da una parte lo spauracchio dei licenziamenti e concedendo dall’altra non poche assunzioni clientelari. Alitalia è sempre stata un’azienda romana, che ha sempre tentato di sottomettere e di condizionare alla proprie logiche tutte le istituzioni, comprese quelle lombarde. Fino al momento in cui, prima una minoranza di socialisti in Regione e poi l’intervento decisivo del sindaco Albertini gli impedì di portarsi a casa la chiusura di Linate. Senza quella decisione, oggi non avremmo nè Alitalia nè Linate. Quindi contrariamente a ciò che sostiene Cempella in Lombardia non c’è stata una politica localista, ma semmai, soprattutto per parte regionale, una politica miope. Continuare a rivendicare un ruolo sempre maggiore di Alitalia per Malpensa, considerare Alitalia questione di interesse nazionale, condizionare lo sviluppo del nostro sistema aeroportuale alle sorti di Alitalia, è stato il modo in cui i politici locali si sono legate le mani e non ha consentito di fare prima e per tempo una politica di liberalizzazione dei propri scali. Ma oggi cambia tutto. Si può utilizzare la crisi di Alitalia come un occasione per ridare fiducia ai nostri aeroporti, contando sulla nostra elevata domanda di traffico. Apriamo Malpensa al mercato, alle tante compagnie aeree interessate ad utilizzare il nostro aeroporto offrendo prezzi molto più competitivi di quelli finora imposti da Alitalia. Affrontiamo il nodo finora trascurato degli slot e ricerchiamo una compagnia che operi a Malpensa in condizione di hub carrier. Ma non rincorriamo di nuovo altre chimere. Air France non potrà fare a Malpensa ciò che non ha potuto fare Alitalia. In fondo Air France compra Alitalia proprio perchè compra un piano industriale che la vedeva in uscita da Malpensa. Certo nel breve periodo si può trattare per mantenere il maggior numero di voli intercontinentali possibili, ma in futuro non sarà Alitalia-Air France la compagnia di riferimento di Malpensa. E ciò nonostante potremo avere una grande Malpensa, senza bisogno di chiudere Linate. Al pari delle grandi città europee, Milano e la Lombardia potranno contare senza drammi e con molti vantaggi sulla forza di più scali, garantendo ai cittadini e alle proprie imprese, che hanno bisogno e diritto all’accessibilità internazionale, di andare ovunque, alle migliori condizioni economiche, indipendentemente dalla compagnia aerea. torna indietro »
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