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27 maggio 2005 - Intervista per L´Avanti! - Diamo all’Italia una prospettiva socialdemocratica
Un’area politica bloccata, idee e storia relegate ormai nei libri. A dominare vi sono, in quelle che qualcuno chiamerebbe zone grigie, l’incertezza e la sfiducia. Dove la forza e la volontà di rimettere tutto in discussione per dare risposte sembrano solo ricordi lontani. Come dire: pazientiamo perché, dopo aver toccato il fondo, c’è il rimbalzo.
“C’è la grande urgenza di rimettersi insieme per un progetto politico nuovo, di società. Solo così potremmo superare la fase dell’antisocialismo dei socialisti citata da Rino Formica”. Non ha peli sulla lingua Roberto Biscardini, senatore dello SDI, che in questa intervista passa ai raggi X passato, presente e futuro dei socialisti.
Inutile ripeterlo: il tema del giorno riguarda la rinascita e l’eventuale collocazione di un nuovo Partito socialista.
“Parto da una considerazione elementare: la rinascita di una grande formazione socialista può avvenire solo nella sinistra. Anzi, dirò di più: una sinistra che non ha una nutrita rappresentanza socialista rischia di non essere credibile e quindi si predispone ad essere perdente. L’obiettivo dello SDI, fin dalle origini, era proprio questo: superare la diaspora socialista e nello stesso tempo modificare una sinistra che non dava garanzia di governabilità. Infatti organizzare un grande raggruppamento di socialisti non è fine a se stesso, ma diventa fondamentale nel quadro più generale della ristrutturazione di tutta la sinistra”.
Ammetterai però che, se il Nuovo Psi non vuole farsi assorbire dal partito unico di Berlusconi, anche lo SDI non intende confluire in una Fed o lista unica che sia con il rischio che l’autonomia e l’identità socialiste vengano cancellate.
“Il processo di costruzione dell’unità socialista deve essere accompagnato da un grande progetto politico e culturale. Tanto più questo progetto è forte, ed in grado di dare identità socialista ad una politica riformista per il Paese, tanto più contribuirà a rimuovere gli ostacoli che oggi i socialisti hanno incontrato sia nella Casa delle libertà che nel centrosinistra. Ma l’unità socialista non può essere la rimpatriata dei dirigenti del vecchio PSI, ma un progetto in grado di affrontare la questione irrisolta del socialismo italiano. Si tratta nella sostanza di intercettare quel bisogno di socialismo che abbiamo visto rinascere anche nelle recenti elezioni regionali e che il bipolarismo all’italiana ha finora mortificato. Ma un raggruppamento socialista ha senso e può crescere solo nell’ambito del centrosinistra”.
Come deve essere questo progetto?
“Culturalmente forte e capace di affrontare la crisi del Paese. Non è una questione di sommatoria di piccole formazioni socialiste, ma deve rappresentare il primo nucleo per dare anche all’Italia una prospettiva socialdemocratica. Un progetto di unità socialista sarà credibile quando avremo messo a fuoco gli aspetti più gravi della crisi del nostro paese. La crisi istituzionale per prima, definendo i contorni di una vera terza repubblica, dando ormai per scontato che siamo alla fine della seconda e di questo bipolarismo personalizzato intorno alla figura dei leader. Siamo alla crisi di quella politica che voleva l’annullamento dei partiti dentro le coalizioni. Oggi, com’è evidente dalla cronaca di tutti i giorni, siamo alla fase degli aggiustamenti, ma lo sbocco di questa crisi avverrà il giorno in cui nuovi partiti si identificheranno nelle grandi tradizioni politiche europee. Quindi, per quanto riguarda la sinistra, quando essa sarà in grado, senza troppa confusione, di dar vita ad un grande formazione riformista e socialdemocratica”.
Quanti e quali sono gli elementi fondamentali di questa idea?
“Sono quelli tradizionali del riformismo socialista, ispirati ai valori della liberà, della laicità e del garantismo”.
E i socialisti del Nuovo Psi?
“Gianni De Michelis ha già fatto un grande passo in avanti. Prima invitava lo SDI a uscire dall’Ulivo, oggi ha chiesto allo SDI di abbandonare la Federazione riformista. In questo modo ha aperto le porte ad una riunificazione socialista nel centrosinistra. Spero comunque che De Michelis, così come tutti coloro che hanno a cuore la ricostruzione di un’iniziativa socialista, non si perdano solo nella quotidianità, che mi sembra poco esaltante in entrambi gli schieramenti. E comunque per quanto riguarda le elezioni politiche del 2006, se la lista dell’Ulivo, così come il disegno strategico che stava alle sue spalle, dovesse fallire e conoscere una battuta d’arresto, ci sono tutte le condizioni per presentare nella quota proporzionale una lista di unità socialista”.
Morale?
“Si può da subito trovare insieme gli spazi di una discussione comune per affrontare da socialisti i problemi più urgenti con uno sforzo progettuale e programmatico nuovo. Alle nostre spalle ci sono dodici anni di insuccessi della classe politica ai quali il sistema dovrà far fronte”.
L’ex ministro Rino Formica ha detto senza mezzi termini che se un tempo bisognava combattere l’antisocialismo degli antisocialisti, adesso siamo arrivati all’antisocialismo dei socialisti. Cosa ne pensi?
“Bisogna dare atto a Rino che la sua affermazione fotografa la realtà di questi ultimi anni e l’incapacità dei socialisti di stare insieme. È chiaro che il presupposto di una sinistra diversa e riformista passa invece attraverso l’unità dei socialisti e la loro capacità di non rimanere divisi. Se i socialisti continuano ad essere divisi, la sinistra riformista sarà sempre più debole. Per superare quanto afferma Formica occorre uno scatto di orgoglio e tanta generosità. Bisogna superare le divisioni e le diffidenze che ci hanno tenuto separati per tanti anni. Lo si può fare se si rafforza in noi l’idea che possano essere ancora i socialisti a promuovere il cambiamento della politica italiana dentro la sinistra. In fondo, nella storia d’Italia tutti i grandi cambiamenti sono stati possibili per il protagonismo dei socialisti”.
Fammi un esempio concreto.
“Quando Bettino Craxi nel 1978 propose il progetto socialista, intercettò le esigenze di cambiamento della società, riunì gli intellettuali, fece nascere una nuova classe dirigente del socialismo italiano, contemporaneamente cambiò la pelle del PSI e avviò il processo della trasformazione della sinistra. Ecco perché abbiamo bisogno di progetto che, guardando al futuro e rispondendo ai bisogni della società, sia l’espressione anche di un nostro cambiamento di pelle”.
Insomma, come se ne esce?
“Dopo dieci anni di anomalie, lo scopo ultimo è quello di dare all’Italia un sistema politico normale, di tipo europeo, in cui la forza trainante della sinistra possa essere moderna e socialdemocratica. Bisogna però fare in fretta per evitare che la prospettiva socialdemocratica sia battuta contemporaneamente dalla politica della destra e da quella non riformista della sinistra”. torna indietro »
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