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09 ottobre 2008 - Testamento biologico - LAICI E CATTOLICI INSIEME PER ALLEVIARE LA SOFFERENZA di Roberto Biscardini
Il seminario ”I padroni della vita – Il testamento biologico: l´uomo e la sua natura”, organizzato dalla Segreteria Nazionale martedì 6 ottobre, segna un passaggio importante nell’attività del Partito. Con la segreteria Nencini non ci si parla più addosso, si punta ad aprire interlocuzioni politiche a tutto campo, ci si documenta e si lavora fianco a fianco con esperti e professionisti di altissima qualità. Il Partito va all’esterno e si accredita presso le forze politiche e presso il mondo accademico non solo per quel che dice ma anche per la serietà con cui lo dice. A margine dei lavori Riccardo Nencini, riferendosi al caso Englaro, ha detto: “In assenza di una normativa di riferimento è la magistratura ad occuparsi delle questioni di ”fine vita”, cosa assurda e insostenibile”, come a dire: “spetta alla politica fare la sua parte, questa classe politica, questo parlamento, devono intervenire”. Ma la classe politica è bloccata: da un lato quella strettamente legata alla Chiesa è ferma su posizioni inutilizzabili e chiuse, dall’altra quella che dovrebbe in Parlamento rappresentare la parte laica, balbetta, impaurita, senza coraggio e senza cuore. Cosa possiamo fare noi socialisti? Quello che stiamo facendo. Invocare la volontà popolare, che per fortuna non si divide nello schema banale laici e cattolici, che vive i problemi per quello che sono e che ha ben capito che parlare di testamento biologico significa riconoscersi nel principio universale della dignità della vita, che è anche dignità della morte. Si tratta di utilizzare la forza della nostra indiscussa laicità per riaprire un dialogo con i cittadini, con la loro laicità e la loro religiosità, perché da quando non siamo più una forza parlamentare siamo, pur con la modestia dei nostri numeri, per definizione una forza popolare. Il nodo è ancora nelle divisione schieramentista tra laici e cattolici, a noi non rimane che ribaltare il tavolo, con una semplice parola d’ordine, un messaggio semplice: laici e cattolici insieme per alleviare le sofferenze. Le nostre idee non vengono meno, i contenuti dei nostri progetti sul testamento biologico e sull’eutanasia sono ancora da diffondere e difendere: quello di cui ero primo firmatario al Senato nella XIV legislatura, quello di Grillini della XV, quello caposcuola di Loris Fortuna del 1984. Il nostro compito, con il sostegno dell’opinione pubblica, è proseguire affinché il Parlamento legiferi, mettendo ciascuno di fronte alle proprie responsabilità. Coinvolgiamo i cittadini sul tema della sofferenza, che è decisiva per cogliere l’essenza del problema della vita e il valore umano della dignità della morte. La sofferenza inutile è un dramma che dovrebbe essere evitato in qualsiasi società civile. Evitare la sofferenza è implicito nel principio costituzionale: “La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.” Recentemente l’on. Binetti ha dichiarato, contestando il ddl dell’on. Marino in merito a nutrizione e idratazione: “Senza nutrizione si muore e tutti sappiamo che c’è un diritto alla vita ma non uno alla morte”. Non è così, anche per il mondo cattolico il diritto ad una morte dignitosa ha uguale valore del diritto alla vita. Qualsiasi legge che abbia come obiettivo il testamento biologico o, come oggi si preferisce chiamarlo, “Dichiarazione anticipata di volontà”, ha come “scopo principale quello di dispensare l’individuo dall’accanimento terapeutico e introdurre il concetto di divieto dell’accanimento. Accanimento che si colloca spesso fuori dal razionale, che si manifesta come deformazione violenta del processo naturale del morire, che distorce il rapporto uomo-vita-morte rispetto alla dimensione umana.” C’è un profondo senso religioso in questa affermazione, ma questa attenzione al valore umano, al rispetto della vita e al tema della sofferenza, è anche nostra. Adesso lo scontro si concentrerà sul tema dell’idratazione e dell’alimentazione. La Chiesa sostiene che non ci sia necessità di specificare alcunché sul piano dell’alimentazione e dell’idratazione, perché universalmente riconosciuti come trattamenti di sostegno vitale, qualitativamente diversi dalle terapie sanitarie. Ma il mondo scientifico è di diverso parere a condizione di aggiungere l’aggettivo artificiale. Se anche l’on. Binetti parlasse di nutrizione artificiale e non di semplice nutrizione, sarebbe costretta a stare dalla nostra parte e tutto sarebbe più chiaro. E’ fuor di dubbio che l’alimentazione artificiale non solo è parte delle terapie sanitarie, ma si può configurare come accanimento terapeutico. Infine il principio dell’autodeterminazione, universale e di tutti. La legge sul testamento biologico serve anche a tutelare il diritto all’autodeterminazione. Ci sarà anche qui scontro con la Chiesa ma molto meno con i cattolici, credenti o diversamente credenti. La Chiesa sostiene che il testamento biologico deve stare fuori dalla sfera dell’autodeterminazione. Questo non è accettabile. A questo bisogna dire no, perché negare il diritto dell’autodeterminazione è negare il diritto alla libertà. “La libertà è il potere che permette all’uomo di compiere tutto ciò che non nuoce ai diritti degli altri” ed ha il suo limite morale nel principio evangelico e civile: ”Non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te”. Alla luce di questi principi di libertà, chiedere il diritto di morire quando la malattia non è più curabile e quando la situazione non solo è irreversibile, ma porta con sé sofferenze e umiliazioni, è cosa del tutto umana. Il diritto di morire dignitosamente è quindi parte dei diritti fondamentali e individuali al pari degli altri diritti a cui nessuno sarebbe più disposto a rinunciare. D’altra parte l’interruzione volontaria delle terapie per evitare l’accanimento terapeutico sarà sempre più un problema del futuro, in quanto il progresso scientifico e la tecnologia permetteranno di mantenere in vita malati terminali per i quali in passato non c’era nulla da fare. Su un punto dobbiamo essere tutti d’accordo: una legge sul testamento biologico vuol dire dare valore giuridico ad un’espressione di volontà quando non c’è più possibilità di scelta tra vita e morte, ma la questione riguarda solo come morire. Ultima considerazione: occorre una legge per evitare, come dicevamo all’inizio, che sia la magistratura caso per caso a doversi esprimere, ma anche per evitare che si diffonda un testamento biologico fai da te, extra legem, ormai più diffuso di quanto non si pensi. Quanti cittadini italiani si sono affidati alla modulistica offerta da diverse fondazioni e associazioni o si sono rivolti a parenti, notai, ed hanno nominato fiduciari sperando, nel pieno delle proprie facoltà mentali, di non essere sottoposti ad alcun trattamento terapeutico in caso di malattie o lesioni traumatiche cerebrali e irreversibili? Verranno rispettate le loro volontà? Uno stato civile deve prendere atto del fenomeno e legiferare, non può lasciare i cittadini e i loro parenti nel limbo del contenzioso giudiziale. torna indietro »
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