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Iraq - Senato - Biscardini (SDI) : Dopo elezioni ridefiniamo senso, finalità e ruolo delle nostra politica. - Martedi, 25 Gennaio 2005 |
Il senatore Roberto Biscardini (SDI), intervenendo in Commissione Difesa sulla proroga al giugno 2005, proposta dal Governo, per la presenza delle nostre truppe in Iraq, ha sottolineato che:”Le elezioni del 31 gennaio segnano uno spartiacque sia per gli iracheni che per noi. Si apre una fase politica nuova e va individuata una soluzione che consenta un ritiro responsabile. Ciò non significa - ha specificato Biscardini - un nostro disimpegno, ma la necessità di avviare la questione irachena sul binario della politica estera, nel rapporto con un governo legittimo e nella cornice di una partecipazione attiva e responsabile delle Nazioni Unite e dell´Unione europea.” ”Dobbiamo assumere questa decisione immediatamente dopo il voto -ha concluso Biscardini - è una scelta di responsabilità per rimettere la nostra eventuale presenza in Iraq nell´alveo di una iniziativa internazionale di pace e di politica.”
Ecco l´intervento integralein commissioni riunite Esteri e Difesa
su conversione in legge del Decreto Legge sulla proroga della partecipazione italiana in Iraq.
È nota la nostra posizione che ha sempre sottolineato la necessità che l´intervento in Iraq da parte degli Stati Uniti fosse condizionato da una corresponsabilizzazione delle Nazioni Unite.
La discussione sulla proroga della missione italiana in Iraq non può vederci ripetere soltanto le considerazioni già espresse in occasione delle proroghe precedenti.
Lo scenario politico è cambiato.
Ora siamo di fronte al voto del 31 gennaio, al quale non si può che prestare la più grande attenzione.
Oggi abbiamo di fronte un governo provvisorio, dopo il voto avremo di fronte pur con tutte le difficoltà un nuovo governo con il quale dovremmo interloquire.
Pur nella incertezza e delicatezza della situazione, il passaggio dalla guerra e dalla fase attuale ad una fase democratica contrassegnata dal voto popolare segna di per sé lo spartiacque tra una fase vecchia e una fase nuova.
Non solo sul piano militare naturalmente, ma anche su quello politico.
Già questa è una considerazione che potrebbe avvicinare di molto le posizioni politiche e aprire un dibattito e un confronto fra tutte le forze politiche, si tratta, con buona volontà di tutti, di indicare un percorso realistico per rendere credibile il ritiro delle truppe italiane come delle altre truppe straniere in Iraq.
Certo, l´avvicinarsi delle elezioni ha messo in evidenza quante forze ci siano ancora in Iraq, che non concordando su questo processo, intendono con azioni terroristiche e di guerriglia impedire, bloccare o indebolire l´iter democratico comunque in corso.
Ciò rischia di mettere a repentaglio le elezioni stesse e annulla il valore di uno sforzo di riorganizzazione del paese intorno a nuovi partiti e ad una nuova classe dirigente.
Non si può non vedere quindi come, di per sé, le elezioni (anche in conseguenza dell´atteggiamento della comunità sannita) non abbiano ridotto la tensione nel paese ma, per certi versi, l´hanno anche aumentata, aprendo forti dubbi addirittura sul fatto che le elezioni possano segnare un effettivo cambiamento.
Ciò non toglie che bisogna andare avanti, e che il nostro paese deve favorire questo processo.
Come è stato fatto notare se gli americani hanno vinto la guerra in Iraq, la presenza delle truppe dopo quella data, non ha ridotto l´azione della guerriglia interna, affiancata anche da un sentimento diffuso della popolazione irachena contro la presenza militare.
Ma sappiamo anche, che buona parte della popolazione non ha mai visto nelle truppe straniere, e men che meno in quelle italiane, l´azione di forze di occupazione.
Ci muoviamo quindi in un spazio ristretto, dove ogni azione può portare con sé reazioni non tutte prevedibili, ciò deve consigliare a tutto il Parlamento di muoversi con grande senso di responsabilità e con lungimiranza politica.
La pacificazione, come si vede in Iraq, fa fatica a decollare, ma ciò non toglie che è giusto operare perché sia possibile e le resistenze siano vinte.
Noi non siamo mai stati per il ritiro immediato delle nostre truppe ed anche oggi il problema della nostra presenza in Iraq non può essere disgiunto dalla individuazione di una soluzione che consenta un ritiro responsabile, che non provochi danni alla popolazione e sia pertanto collocato in una nuova strategia definita e concordata in sede internazionale.
È in questo quadro che anche il nostro paese, al pari di come si sono già espressi altri paesi europei, deve predisporre un piano per il ritiro delle nostre truppe.
Questa posizione politica non deve essere interpretata come una posizione di parte, perché non lo è; d´altronde in questo senso si sono espressi nei mesi scorsi autorevoli esponenti della maggioranza. È una scelta che trova la sua giustificazione, come detto all´inizio nella necessità di segnare l´avvio di una fase politica nuova che non può non vedere in Iraq, una partecipazione attiva e responsabile delle Nazioni Unite e dell´Unione Europea.
Questa fase nuova dovrebbe essere accompagnata da una iniziativa in cui l´Italia ridefinisca il significato politico della sua presenza in Iraq, perché qualsiasi scelta sia espressione di una autorevole e autonoma posizione di politica estera e non solo militare d´altra parte sappiamo bene che dopo la stabilizzazione e ricostruzione dell´Iraq ci sarà un problema ancora più grande e non facilmente risolvibile della riconciliazione di quel paese.
Quindi, la nostra presenza in Iraq dopo le elezioni si giustifica solo se c´è un fatto politico nuovo, altrimenti non abbiamo alternative a definire un piano per il ritiro delle truppe.
Dobbiamo assumere con coraggio questa decisione, immediatamente dopo il voto, pur dichiarando contemporaneamente la disponibilità ad operare ancora in Iraq dentro un contesto politico di responsabilità internazionale diversa da quello attuale.
Di fronte al dramma di questa guerra che ha coinvolto in modo pesante la popolazione civile e molti militari, compresi i nostri militari, questa è una posizione responsabile, che può rimettere nell´alveo dell´iniziativa di pace e politica la nostra presenza in Iraq.
È una posizione che non consente alla maggioranza di polemizzare con una opposizione che preferirebbe chiusa, perché chiusa non è, e che obbliga la stessa maggioranza a considerare la sua politica in termini rinnovati.
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