Mondoperaio
Associazione Riaprire i Navigli



  • 09 novembre 2005 - Atto n. 2-00790 - Bonifica e riqualificazione dell´area circostante l´ex stazione di degassifica della SMEB

    Seduta n. 893

    BISCARDINI , MARINI , CASILLO , CREMA, LABELLARTE , MANIERI - Ai Ministri dell´ambiente e per la tutela del territorio e delle attività produttive. -


    Premesso che:

    la SMEB cantieri navali S.p.A. era un’azienda privata fondata a Messina negli anni ’70, operante inizialmente nel settore delle costruzioni navali, conversioni, riparazioni e manutenzione di grandi e piccole imbarcazioni che insisteva su un´area dedicata ad altre attività nell´ambito dello smaltimento dei rifiuti;

    nell’estate del 2000, la cosiddetta zona falcata del porto di Messina, sede di cantieri navali e di un insediamento della marina militare, è stata interessata da irritanti miasmi, mix indistinguibile di gas, zolfo e deiezioni solide e liquide;

    fra gli operai, i tecnici, i funzionari e tutti coloro che prestavano servizio nell’istituto Talassografico fino a Marinarsen, compresi gli impiegati della stazione Ferrovie dello Stato di Messina marittima, si era manifestato un grave malcontento che, dopo ripetute richieste di intervento alle forze dell’ordine e a tutte le istituzioni competenti, si traduceva nell’astensione dal posto di lavoro;

    nel settembre dello stesso anno, visto che la responsabilità di questi disagi cadeva sui nuovi impianti per la depurazione dei residui oleosi esistenti sull´area provenienti dalle raffinerie (autorizzati dal D.R. del 29/03/2000 per un periodo di cinque anni), l’ufficio della tutela dell’aria della Provincia di Messina e il laboratorio d’igiene e profilassi dell’Azienda Unità sanitaria locale 5, disponevano di concerto controlli dell’aria e campionamento dei liquami contenuti in vasche a cielo aperto, silos e particolari condutture;

    l’11 ottobre del 2000 un giornale cittadino pubblicava i dati sui campioni di reflui prelevati alla stazione di degassifica della SMEB, dai quali si evinceva che la quantità di inquinanti presenti era notevolmente superiore ai limiti fissati dalla legge;

    la magistratura, che aveva già aperto un’inchiesta in proposito, disponeva, il 16 marzo del 2001, il sequestro dell’area relativa alla stazione di degassifica, di 839 fusti da 200 litri, contenenti rifiuti destinati a recupero dopo il ciclo di trattamento, di una vasca di 130 metri quadrati contenente reflui di lavorazione ormai solidificati, di due saracinesche d’entrata e d’uscita attraverso la quale un silos scaricava a mare e di quattro filtri di altrettante vasche di stoccaggio;

    conseguentemente la magistratura accertava che i nuovi impianti di smaltimento non avrebbero mai ottenuto la valutazione di impatto ambientale dalla Regione e dallo Stato e durante l’intero periodo dell’indagine avrebbero smaltito quantità di liquidi inquinanti grazie ad autorizzazioni che la Provincia ed il Comune di Messina non avrebbero potuto rilasciare;

    il 6 aprile 2001 viene confermato il sequestro dell’area e respinto il ricorso presentato dal legale della SMEB e con ciò rimangono in loco ben 16780 chili di prodotti da trattare;

    si verifica il protrarsi di un situazione che mette a rischio la salute di numerose persone;

    in condizioni meteorologiche avverse, le esalazioni maleodoranti soprattutto a base di idrocarburi, investono gran parte della città;

    alla fine del mese di novembre del 2001 il sostituto procuratore chiude l’inchiesta che riguarda lo smaltimento dei rifiuti tossici alla SMEB e l’amministratore delegato della società deve rispondere di danneggiamento e di reati ambientali;

    nonostante numerose iniziative pubbliche e di stampa dei rappresentanti di base riprese dalle principali testate giornalistiche regionali, non si intravede un via d´uscita per una riqualificazione e/o bonifica dell’area;

    a poco più di due anni dalla conclusione dell´inchiesta, l’amministratore delegato della SMEB ed il direttore tecnico dell’impianto vengono giudicati rei di violazione della normativa sul trattamento dei rifiuti, sulle emissioni nocive in atmosfera, sullo scarico delle acque reflue e sull’intorbidamento delle acque marine, e pertanto condannati a 16 mesi di reclusione;

    il disastro ecologico a due passi dal centro della città continua a permanere nell’area dell´ex degassifica con quasi 17 tonnellate di reflui provenienti dai poli petrolchimici di Priolo, Porto Marghera, Pisa e Grosseto;

    i sopralluoghi effettuati nei primi mesi dell’anno 2004 conducono il 27 febbraio 2004 alla chiusura di un’altra area di circa 7000 metri quadrati, limitrofa a quella già posta sotto sequestro nel 2001, al ritrovamento di altri prodotti chimici all’interno di silos e di 5 metri cubi di amianto friabile e alla successiva chiusura del cantiere navale;

    a seguito della presenza di scarti petroliferi sia sulla superficie del mare antistante la zona sequestrata sia sulla battigia, si ipotizza lo scarico diretto dei reflui in mare;

    il 6 maggio 2004 sulla bonifica della SMEB, indetto dall’assessore regionale all’industria, si svolge il primo incontro ufficiale tra il commissario al Comune di Messina, il presidente della Provincia ed alcuni ex operai accompagnati dai rappresentanti sindacali;

    nel frattempo 92 lavoratori della società cantieristica sono stati messi in cassa integrazione fino al 6 ottobre 2004, data in cui terminerà il periodo di cassa integrazione straordinaria accordata ai lavoratori in seguito alla dichiarazione di crisi aziendale;

    l´esigenza della bonifica dell´area ha dunque il duplice scopo di risolvere problemi ambientali e di dare prospettiva occupazionale;

    il 27 maggio 2004, dopo la scoperta della contaminazione della falda acquifera, si è tenuto un vertice nella sede del consorzio A.S.I. con l’assessore regionale all’industria e l’ufficio del commissario straordinario per l’emergenza rifiuti, nel quale si decideva di affidare la bonifica del sito alla società pubblica Sviluppo Italia, con un preventivo di spesa di 4 milioni di euro;

    il 19 giugno 2004, Sviluppo Italia faceva sapere la vera entità del preventivo di 14 milioni di euro;

    nei mesi successivi l´opinione pubblica sottolinea i danni fisici dei cittadini e l’insorgenza di malattie tumorali correlate alle esalazioni di sostanze nocive dall’area ex degassifica e tal fine sono interessati anche il Ministro della difesa Antonio Martino e il direttore dell’A.I.D. (Agenzia industrie difesa);

    il 29 settembre 2004 su ”la Repubblica” appare un articolo riguardante 180 operai di Marinarsen che risulterebbero intossicati, ai quali per la prima volta viene riconosciuto l’infortunio sul lavoro;

    il 26 ottobre 2004, a causa del forte vento di scirocco, i dipendenti dell’Arsenale della Marina Militare manifestano sintomi da intossicazione, già registrati in precedenza, e dovuti alle “solite” esalazioni; e viene autorizzata l’evacuazione dello stabilimento a scopo cautelativo, per tutelare la salute dei lavoratori;

    il 30 ottobre 2004, la ”Gazzetta del Sud” fa sapere che negli ultimi 4 anni, gli ammalati di tumore ai polmoni, che prestavano servizio a Marinarsen, sono 7;

    il 2 novembre 2004, i sindacati dell’arsenale militare indicono l’assemblea permanente di tutti i lavoratori;

    l’8 novembre viene indetto da tutte le organizzazioni sindacali cittadine una manifestazione per denunciare la morte della zona falcata di Messina con conseguente perdita di centinaia di posti di lavoro e l’esplosione di una vera e propria emergenza sanitaria;

    dal dicembre 2004 le pagine dei giornali riporteranno i ripetuti tentativi per l´acquisizione dell’ex SMEB, con l’intento di riutilizzarla a fini di insediamenti turistici;

    dalle vicende legate all’inceneritore dei rifiuti, al trasferimento della base militare e all’impoverimento e dismissione dell’arsenale, alla assurda trasformazione dei bacini della SMEB in contenitori per rifiuti tossici, allo smantellamento degli insediamenti e delle invasature delle Ferrovie dello Stato, nessuna iniziativa politica o amministrativa ha svolto una funzione efficace per evitare che la parte migliore del territorio messinese fosse soggetta a nuove speculazioni e nuove devastazioni,


    si chiede di conoscere:


    i tempi per la bonifica e la riqualificazione dell’area e di tutto il comprensorio circostante della zona falcata e della ex stazione di degassifica per tutelare la salute dei cittadini e salvaguardare i livelli occupazionali esistenti e favorirne di nuovi;


    se non si ritenga opportuno attivare una task force d’intervento che, con procedure d’urgenza, attraverso un tavolo di concertazione tra enti pubblici (Presidenza del Consiglio dei ministri, Comune, Provincia, Regione e Autorità portuale), forze sindacali ed imprenditori pubblici e privati, possa definire un progetto di sviluppo per la realizzazione a Messina di un “distretto di cantieristica navale” e di attività connesse all´attività portuali.

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