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Associazione Riaprire i Navigli



  • 26 ottobre 2004 - Intervento in Aula sull´Ordinamento giudiziario

    Signor Presidente, colleghi, si ritorna a discutere dell´ordinamento giudiziario nell´aula del Senato in un clima non migliore di quello del gennaio scorso e non molto diverso da quello che si è consumato alla Camera quando, per ottenere il voto favorevole, la maggioranza ha deciso di porre la fiducia. Arriviamo qui in aula dopo l´interruzione rapida e ingiustificata dei lavori della Commissione sotto la minaccia di un altro voto di fiducia, nonostante le tensioni nel mondo della giustizia siano forti e tutte chiare di fronte a noi.
    Questo disegno di legge non soddisfa pressoché nessuno e sulla maggioranza di governo pesano le sollecitazioni venute dalle più alte cariche dello Stato affinché si possa ricostruire uno spazio di dialogo con i diretti interessati.
    Certo, ma soprattutto è tra noi, qui in parlamento, che il confronto dovrebbe aprirsi, affinché la dialettica parlamentare, con assoluta autonomia e indipendenza, possa prevalere rispetto a qualsiasi pressione esterna.
    Noi critichiamo, al pari degli altri partiti dell´opposizione, questo provvedimento, per una serie numerosa di questioni, ma non ci sentiamo di appartenere al partito degli apocalittici nè siamo inclini a descrivere sfracelli quando questi non ci sono. Per questo non abbiamo perso le speranza che dalla discussione che inizia oggi non si possa fare qualche passo avanti per migliorare il testo che il governo ci ha presentato.
    Questo testo di legge è prima di tutto confuso, manca di una sua coerenza, contiene elementi pericolosi che potrebbero limitare l´autonomia dei giudici. Siamo critici sulla complessità e quantità dei concorsi che potrebbero pregiudicare il normale funzionamento della giustizia. Siamo critici sugli esami attitudinali anche nella versione corretta senza psico. Siamo preoccupati per come è stata formulata la materia degli illeciti disciplinari e come si vorrebbe alterare il rapporto tra Csm e ministro della Giustizia, ma siamo critici anche sulle modalità con le quali si può passare da una funzione all´altra, entro il terzo anno di esercizio di una funzione, previo corso di formazione e concorso per l´assegnazione di posti vacanti.
    Si protrae con ciò una anomalia ed una stravaganza e non si affronta la questione di fondo, quella di una vera separazione delle carriere per altro da voi sostenuta e promessa ai cittadini.
    Noi sappiamo che questa posizione non è condivisa da molti a destra come a sinistra, ma con tutto il rispetto per le posizioni altrui, non abbiamo cambiato idea.
    La giustizia in uno stato democratico e moderno deve misurarsi sulla capacità di dare concretezza ad un diritto irrinunciabile, quello di garantire a tutti una giustizia giusta che per essere tale ha bisogno oltre che di efficacia ed efficienza anche di assoluto garantismo, che assicuri concretamente l´autonomia e l´indipendenza del giudice, la sua equidistanza e la sua terzietà rispetto all´accusa e alla difesa.
    L´ordinamento giudiziario che stiamo discutendo dovrebbe essere quindi l´asse portante di questo principio, ma per essere tale come recita l´articolo 111 della Costituzione, ogni processo deve svolgersi nel contraddittorio delle parti, in condizioni di parità, davanti ad un giudice terzo e imparziale, ben distinto per carriera e per attività pratica dall´ufficio del pubblico ministero oltrechè da quello dell´avvocato e della difesa.
    Come dire: il giudice per essere terzo e imparziale deve essere cosa diversa dal pm e deve appartenere ad una organizzazione funzionale diversa da quella dei pubblici ministeri.
    La separazione delle carriere in questo disegno di legge sostanzialmente non c´è, e non a caso non potendo ammettere il contrario anche il governo si limita a dire che è stato avviato un percorso.
    Ma quale percorso sarebbe avviato se la legge prevede per pm e giudici un unico concorso?
    Bisogna avere il coraggio di dire le cose come stanno.
    Con il concorso unico d´accesso questo governo affossa quella separazione delle carriere che aveva annunciato e alla quale lo SDI non intende rinunciare.
    Per questo abbiamo presentato, cosi come abbiamo fatto alla Camera, alcuni emendamenti che chiediamo alla maggioranza di valutare attentamente e naturalmente di accogliere.
    Qualcuno per contrastare questa posizione sostiene che per la separazione delle carriere bisogna intervenire con legge costituzionale, ma sapete che ciò non è vero.
    Quello che la Costituzione doveva dire l´ha detto e persino con la sentenza 37 del 2000 la Corte ammettendo il referendum sulla separazione, proposto dal Partito Radicale, aveva implicitamente ammesso la possibilità di introdurre nel nostro ordinamento questa modifica per via ordinaria.
    Ecco perché vi chiediamo di introdurre una vera separazione delle carriere tra magistratura giudicante e magistratura requirente, viceversa se il testo non cambierà alle critiche già note dell´opposizione aggiungeremo anche questa.
    Permettetemi un ultima considerazione, che senso ha avviare una riforma, che peraltro potrebbe contenere gravi elementi di incostituzionalità, che rischia di appesantire e rallentare una giustizia già molto in difficoltà, aggravata da mali endemici come quello di numerosi processi arretrati e come quello dei faticosi carichi di lavoro, se non si va la cuore del problema? Perché non c´è stato da parte della maggioranza il coraggio di affrontare con chiarezza questa questione, peraltro già recepita nella maggioranza dei paesi a democrazia matura?
    Noi vorremmo evitare che questa riforma vada ad aggiungersi alle tante occasioni perdute. Vorremmo evitare che questo provvedimento vari una riforma contemporaneamente dannosa e contemporaneamente inutile.
    Se fosse così sarebbe meglio evitare ed aspettare i tempi migliori di una politica veramente riformista, più dirigente e più autorevole.

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