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  • 18 aprile 1998 - RELAZIONE ALL´ASSEMBLEA COSTITUENTE DEI SOCIALISTI DEMOCRATICI ITALIANI DELLA LOMBARDIA - Roberto BISCARDINI, Circolo della Stampa - Milano

    Il compito di oggi è quello di dare tutti insieme un contributo alla nascita del nuovo partito dei Socialisti Democratici Italiani che, come sapete, terrà a Fiuggi tra 1,8 e il 10 maggio il suo Congresso nazionale costituente.
    E’ un passo significativo nel processo ancora non del tutto terminato di riunire i militanti, gli elettori e i simpatizzanti socialisti, un percorso che molti di noi hanno perseguito con tenacia in questi ultimi anni, pur sapendo che il percorso sarebbe stato lungo e non semplice.
    Oggi diamo vita all’organizzazione lombarda del nuovo partito socialista che qui, come nel resto d’Italia, nasce per iniziativa dei compagni del SI, del PS, dei compagni socialdemocratici del PSDI e di quei compagni laburisti che non hanno aderito alla proposta indecente e fallimentare della Cosa 2, ma che nasce in modo aperto a tutti coloro che ritengono importante aderirvi in libertà con le proprie idee e le proprie convinzioni.

    Non intendo ripetere cose già dette in particolare all’assemblea che abbiamo tenuto in questa sala il 22 novembre scorso nella quale in Lombardia abbiamo avviato la fase costituente e nella quale indicammo come irreversibile un processo che con il nostro peso abbiamo reso irreversibile anche a livello nazionale.
    Mi limito pertanto solo a qualche precisazione.

    1. Il nuovo partito
    fl nuovo partito socialista non sarà la sommatoria delle formazione che hanno dato il loro contributo per la sua nascita, esso dovrà andare ben oltre le adesioni odierne e con molto coraggio dovrà essere aperto a tutti coloro che ci stanno, con l’obiettivo prioritario di recuperare nella società, tra gli amministratori locali, nelle professioni il maggior numero di adesioni possibili.
    Si tratta di riunire uomini e donne, singoli, associazioni e circoli, riunire culture ed esperienze anche tra loro molto differenti, culture socialiste e socialdemocratiche, radicali e repubblicane, moderne culture azioniste, liberali e libertarie per dar vita ad un partito chiaramente federalista e certamente più regionalista di quanto non siano stati tutti i partiti socialisti fino ad oggi.
    Un nuovo partito socialista non può nascere con obiettivi limitati, né il suo fine può essere quello di tenere in vita e far sopravvivere una tradizione pure gloriosa. Un nuovo partito socialista deve sapersi dare sulla base di principi e valori definiti un progetto credibile e nasce per svolgere un ruolo da protagonista nella vita politica di questo paese.
    Diversamente, non ci sarebbe bisogno di un nuovo partito.

    Per questa ragione un nuovo partito socialista pur avendo chiara la sua natura e la sua collocazione, non nasce per soddisfare una logica di schieramento, non nasce in rapporto a questo centro sinistra e a questo centro destra, non nasce in rapporto a Prodi e a questo Governo, ma deve guardare molto più avanti facendo leva su ideali forti e su programmi ambiziosi. Per noi il partito non è un fine, ma uno strumento e pertanto a poco servirebbe se non riuscisse a guardare oltre se stesso e oltre il contingente negli interessi più generali della collettività.
    Il nostro compito non è quindi quello di ricostruire l’ultimo PSI che abbiamo conosciuto, né riproporre il modello di partito socialista che hanno conosciuto i nostri padri e i nostri nonni. Si tratta invece come succede ai maggiori partiti socialisti del mondo ed europei di saper guardare avanti oltre le logiche del passato, per intercettare nuovi riferimenti e nuovi bisogni, esprimendo un posizione avanzata rispetto alla stessa Internazionale socialista e superando lo schema che la giustificava di per sé rispetto all’esistenza di una Internazionale comunista che oggi non c’è più. Si tratta di andare oltre gli stessi programmi e la cultura della più tradizionale socialdemocrazia europea che, come dimostrano ad esempio i socialisti inglesi e tedeschi, ha bisogno di essere in modo significativo arricchita e ripensata.
    Si tratta di fondare, costruire, organizzare e rendere presente sul territorio, nella società, nel mondo del lavoro, e nel mondo della comunicazione un nuovo partito socialista adatto a rappresentare le esigenze di oggi, sapendo con grande realismo che il passato è passato e che anche il nostro passato, come quello delle altre formazioni politiche, rappresenta ormai ben poco per la maggioranza degli italiani e soprattutto delle nuove generazioni, questo nel bene e nel male vale anche per noi socialisti.
    Solo una piccola parte dell’opinione pubblica pesa i partiti di oggi per quello che sono stati ieri (d’altra parte se si giudicassero Alleanza Nazionale o il Pds per i crimini commessi dai fascisti e dai comunisti nel passato chi li potrebbe più sostenere?).
    Purtroppo un processo di revisionismo politico, magari ipocrita, voluto e persino organizzato in modo non democratico, ha rimesso in circolo i successori di vecchi partiti autoritari e totalitari, e li ha messi a garanti del cosiddetto bipolarismo, ed entrambi si legittimano a vicenda, gli uni sostenendo che non esiste più il pericolo del comunismo e gli altri che non esiste più il pericolo del fascismo.
    Ma si sa, mai come in questi momenti della storia esiste il pericolo che il fascismo e il comunismo si manifesti come prima anche se in forme nuove, in modo più subdolo, più moderno, ma non meno pericoloso e le libertà vengono compresse e limitate nonostante l’apparente cornice democratica nella quale tutto ciò si svolge.
    Contro questo stato di cose non serve né urlare, né lamentarsi, serve mettere in campo un’iniziativa politica chiara e coraggiosa sapendo che l’opinione pubblica ci giudicherà appunto per ciò sapremo essere, sapremo concretamente proporre e sapremo sostenere, non per ciò che siamo stati.

    2. La sinistra della verità
    Sulla politica la scelta di campo del nuovo partito è chiara: la nostra idea forza, dentro il centro sinistra1 è l’autonomia.
    I socialisti non stanno con la destra, non si accodano ai democristiani diversamente camuffati, non intendono essere subalterni al Pds.
    In altre parole (con molta chiarezza e nessuno si illuda) i socialisti non si rimettono insieme per aderire alla Cosa 3 dopo aver detto no alla Cosa 2, non si rimettono insieme per aderire all’Ulivo oggi, dopo aver detto no per tutti questi anni.
    Abbiamo detto: nell’attuale sistema bipolare noi siamo nel centrosinistra, e in questo schieramento ci si potrà rimanere finche le condizioni lo consentiranno, ma non ad ogni condizione.
    Contemporaneamente non rinunciamo, e certamente non da soli, a costruire un sistema di alleanze politiche nuove per aprire una nuova prospettiva, per dar vita ad una diversa coalizione di centro sinistra, che, superando la logica degli attuali schieramenti, riunisca tutte le forze riformatrici escludendo sia i conservatori di destra sia quelli di sinistra.
    Un centro sinistra non condizionato dalla logica degli interessi assistenziali rappresentati dalla vecchia sinistra democristiana, da quelli del grande capitale rappresentati spesse volte insieme dalla Confindustria e dal Pds e dal sindacalismo massimalista di Rifondazione Comunista.
    Per queste ragioni pensiamo che sarebbe necessario costruire con forze riformatrici e riformiste che si trovano sia a destra che a sinistra un nuovo centro sinistra, fuori dagli schemi di un bipolarismo che non ha certamente dato i risultati per i quali è stato imposto.
    Si è voluto far credere che questo sistema politico e il sistema elettorale che ne è alla base avrebbe garantito la semplificazione del sistema dei partiti, maggiore governabilità ed eliminato forme irregolari e illegali di finanziamento della politica.
    Tre cose che non si sono verificate per niente e che sono andate via via peggiorando:
    non c e maggiore governabilità di prima, i partiti sono passati da sette a circa cinquanta, il sistema della corruzione si dice che è peggiorato rispetto a prima, ma soprattutto si sta sovvertendo l’equilibrio dei poteri.
    Quello giudiziario condiziona quello esecutivo e legislativo, quello esecutivo mortifica quello legislativo e parlamentare. E ciò non perché lo diciamo noi socialisti, ma lo dicono il pubblico ministero Colombo, i presidenti delle Corti di Cassazione in occasioni dell’inaugurazione dell’anno giudiziario e recentemente anche il Presidente della Repubblica.

    Noi crediamo che il nuovo partito socialista possa dar vita nel paese ad una sinistra nuova, ad una sinistra che non c’è., ad una sinistra che chiameremo della verità, capace di guardare con chiarezza e coraggio in faccia alla realtà e di dire quel che pensa e quel che è necessario.
    Una sinistra che è tale per le scelte che compie e per gli interessi nuovi che intende rappresentare, non perchè sta appiccicata al Pds difendendo in modo becero le politiche di questo governo e questa governabilità. Di sinistra non perché sta a sinistra, ma perché difende alcuni interessi e non altri, perché lo è sulle cose da fare e che fa.

    A questo proposito noi non riconosciamo al Pds un’automatica conversione al riformismo e alla cultura della sinistra democratica italiana, ciò non significa che intendiamo chiudere un dialogo che pur è necessario tenere aperto, ma significa mettere il Pds di fronte ad un’amara realtà: la conversione al socialismo europeo, e stranamente non ancora socialismo italiano, il Pci l’ha fatta un minuto dopo la caduta del muro di Berlino e non un minuto prima, l’ha fatta un minuto dopo la caduta del Comunismo internazionale e non un minuto prima.
    Come dire se il Comunismo non fosse morto, e certamente non è morto per iniziativa dei comunisti italiani, molto probabilmente il PCI ci sarebbe ancora e il processo di revisione non si sarebbe mai realizzato. E comunque abbiamo potuto riscontrare, anche di recente, prima durante e dopo tangentopoli, come, nei rapporti con gli altri partiti e con i socialisti in particolare, l’attuale Pds sia ancora un partito nei metodi e nella cultura profondamente comunista. Per queste ragioni non raccoglie consensi ma tende a perderli, per questa ragione non riesce a rappresentare nè l’elettorato socialista né tanto meno quello di centro sinistra.

    Al Nord e in Lombardia in particolare la Lega non deve essere mai sottovalutata. Vediamo con pericolo il progetto secessionista, le forme estremistiche di nazionalismo padano e i sentimenti autoritari e illiberali che sono alla base di molte sue manifestazioni (al di là di alcune dichiarazioni che non possono talvolta che essere condivise, come quella assai recente secondo cui gli avversari della Lega sono i fascisti, i comunisti e i cattocomunisti).
    Della Lega non condividiamo quindi pressoché nulla anche se bisogna riconoscere che nel passato ha saputo porre con forza alcune questioni intorno alla riforma dello stato e sui rapporti tra lo stato e i cittadini che appartengono certamente ai problemi di questo Paese e del Nord in particolare. E sul piano politico le va riconosciuto un dato oggettivo: quello di aver contrastato nei fatti questo sistema bipolare e di non aver consentito, con la sua presenza, almeno per il momento, che il bipolarismo sfociasse in un gigantesco compromesso tra destra e sinistra, tra Fini e D’Alema, come è accaduto in Bicamerale e sui progetti di riforma elettorale.

    Nonostante le cose dette da Berlusconi due giorni fa, Forza Italia rimane il più grande partito che non c’è, una formazione politica in forte conflitto con se stessa, con un leader in conflitto con i propri interessi, e una struttura dirigente in preda a riorganizzarsi e a litigare secondo il modello di comportamento e gestione della vecchia DC e di tutte le sue componenti interne. Forza Italia che certamente rappresentò soprattutto nel 1994 un punto di approdo per l’elettorato socialista e di centro sinistra, oggi esprime una posizione politica sempre più a destra, più populista, contemporaneamente più confusa e più ambigua e ciò non è più conciliabile con gli interessi di un elettorato, che rimane nella sua maggioranza un elettorato di centro sinistra e non di destra.
    Proprio per queste ragioni abbiamo rivolto un appello a tutti i socialisti, laici e riformisti di Forza Italia perché riflettano bene su ciò che sta avvenendo e possano aderire al nostro nuovo partito.
    Qualche nuovo segnale positivo c’è e alcune sezioni si stanno riorganizzando anche con socialisti che provengono da quelle fila.

    Su AN non c’è molto da dire, è un partito illiberale, che pensa alla pena di morte, che vorrebbe rimettere in discussione la legge sull’aborto, che pensa che le persone possano dividersi tra eterosessuali ed omosessuali anziché tra onesti e farabutti. Anche da queste ultime dichiarazioni emerge la vera natura di un partito che con la democrazia e la libertà ha poco a che fare.

    Infine bisogna essere chiari nei confronti di tutti quei socialisti che non hanno condiviso questo nostro percorso e pensano che siano ancora possibili riciclaggi individuali a destra come a sinistra. C’è in loro con questo atteggiamento una forte dose di irriconoscenza per ciò che dal partito hanno avuto in passato, e nei confronti di chi oggi, come noi, fa sforzi enormi per sostenere in modo moderno le idee e i principi del socialismo italiano.
    Da questi dirigenti disposti a finire nel Pds o con Berlusconi o con Cossiga o che ci sono già finiti, meglio diffidare e sarà meglio che non risalgano sul nostro treno per evitare che il nostro percorso sia nuovamente frenato.

    3. Il progetto
    Un nuovo partito socialista moderno, determinato a diventare forte, deve avere un progetto chiaro, deve essere un partito che risponde ai bisogni di cambiamento, che risponde ad esigenze, insoddisfazioni, malesseri e insicurezze sempre più diffuse
    Un partito forte e moderno deve disporre di una rete di militanti anche tecnicamente preparati, deve disporre di un’organizzazione aperta in grado di utilizzare tutte le energie disponibili, in modo nuovo rispetto al passato.
    Un partito con una base ed un vertice capace di disquisire e fare analisi politiche raffinate, ma debole sui programmi ed incapace di costruire alleanze politiche e sociali necessarie per costruirli, sarebbe un partito con base e vertice politicamente inutili e sarebbe un partito politicamente inefficace.
    Un partito incapace di utilizzare i propri parlamentari, consiglieri regionali; provinciali e comunali affinché per ogni problema siano individuate soluzioni concrete e coerenti con il progetto e il programma, è un partito che non si proporrebbe di fare politica.

    Per questo il congresso di Fiuggi a livello nazionale e qui in Lombardia per quel che ci riguarda, dovrà individuare una struttura operativa in grado di definire un programma politico serio e conseguenti iniziative di lotta e mobilitazione.
    Almeno, una sorta di programma minimo al pari di quello che si diede dopo qualche anno dalla sua fondazione il partito socialista nel 1895.
    Il programma minimo già per 11 fatto di essere enunciato e per i suoi contenuti così come allora, presuppone la ricerca di forze disposte ad appoggiarlo, forze sociali esterne al partito ed altri partiti, e questo è il senso della politica.

    Infine il progetto del nuovo partito è anche un progetto per realizzare molte cose che il vecchio PSI non seppe cogliere o non seppe vedere pienamente.
    Non si tratta più di ripercorrere vecchie strade, infatti un conto è la continuità rispetto ai sentimenti di fondo che sono stati alla base dell’essere socialisti, un conto, bisogna dirlo con altrettanta chiarezza, è la necessità di mutamento rispetto a molte politiche del vecchio PSI.

    3a. Mi riferisco in primo luogo alla riforma dello Stato e alla sua modernizzazione, oggi bisogna proporre qualcosa di più e più preciso della Grande riforma, certamente incentrata già allora su un sistema di tipo presidenziale con l’elezione diretta del Capo dello Stato e con un sistema articolato di contro poteri.
    Oggi dobbiamo proporre con forza il modello di uno Stato federale, questione non colta dal vecchio PSI. Per evitare tutte le forme di ricentralizzazione dei poteri nelle mani dello Stato centrale, diventate ormai espressione di tutti i partiti della cosiddetta seconda Repubblica, che coinvolgono alla pari i post comunisti e i post democristiani e si sono trasferiti per imitazione e per ignoranza persino nella cultura dominante di Forza Italia.
    Su questo tema i pericoli di una “sinistra nazionalista” che opera per la ricentralizzazione nelle mani dello Stato centrale di poteri già oggi in capo a Regioni e a Comuni sono evidenti.
    Anche in queste ore stiamo assistendo ad un attacco fortissimo e concentrico contro Regioni e Comuni che il Governo con i decreti legislativi e il Parlamento con le leggi ordinarie e la modifica della Costituzione stanno portando in modo molto più concreto di quanto si possa immaginare. Un vero attacco allo Stato delle autonomie che noi dobbiamo apprestarci a contrastare con ogni mezzo, attrezzando i nostri parlamentari, chiedendo l’incostituzionalità di molte norme centraliste, comprese quelle contenute
    nelle leggi Bassanini (che tutti vantano come buone leggi senza averle mai lette) e se sarà il caso incominciando anche noi a raccogliere le firme per proporre l’abrogazione di molte leggi nazionali anche recenti.
    Basta vedere cosa succede in Lombardia e come si muove lo Stato centrale su questioni strategiche già di competenza regionale.
    Vogliono imporre alla Lombardia e ai comuni dell’area milanese, modificando la Costituzione aree metropolitane che qui nessuno vuole, stanno togliendo alla Regione competenze che già possiede secondo l’attuale Costituzione, come quelle di natura territoriale e ai comuni le competenze urbanistiche per attribuirle dall’alto alle Province e alle cosiddette aree metropolitane.
    Nel settore dei trasporti per esempio sta saltando lo schema voluto dalle Regioni a favore di un potenziamento dell’intera rete ferroviaria nazionale (e i guasti di aver drenato tutte le risorse per l’Alta velocità sono drammaticamente sotto gli occhi di tutti) e gli interessi imprenditoriali che stavano intorno all’Alta velocità buttati fuori dalla porta stanno di fatto rientrando dalla finestra.
    Della delega piena alle Regioni in materia di trasporti per realizzare tra l’altro i Servizi ferroviari regionali non se ne parla più e al posto delle società regionali da noi proposte anche in Lombardia, non se ne vuole fare più nulla. Al posto della società mista già decisa, la società SFR si è fatto un consorzio per la gestione del Passante presieduto dalle Ferrovie dello Stato ed un’altra volta Roma ha rimesso le mani sulla nostra rete.
    Per non parlare della vicenda Malpensa e degli interventi inquietanti del Presidente del Consiglio Prodi e dei suoi interessi affinché la SEA sia venduta a Benetton e Pirelli e gli aeroporti lombardi soggiacciano alla logica perdente di Alitalia.
    Tre esempi che dimostrano come degli interessi dei lombardi e dei cittadini non c’è più traccia, prevalgono gli interessi del grande capitale goveinati direttamente da Roma e dallo Stato centrale contro la Lombardia.
    Ciò dimostra che il federalismo non è una questione astratta e che la Bicamerale insieme al Parlamento non sta risolvendo le questioni per cui è stata nominata.
    Sulle riforme costituzionali da Roma non emergono proposte chiare né sulla forma di governo, né sul modello presidenzialista, né sulla forma di Stato, totalmente insufficiente è la risposta data alla riforma federalista dello Stato ed incongruenti sono le risposte fin qui date al tema della giustizia.
    Ciò dimostra che la Bicamerale è stata finora il cavallo di Troia per far passare nell’intesa Fini-D’Alema una legge elettorale truffa, più truffa della famosa legge truffa, piuttosto che riforme costituzionali serie.
    Avanti di questo passo, se la riforma costituzionale è un pasticcio di dimensioni così grandi come quelle finora emerse, allora bisognerà avere il coraggio di cambiare strada: meglio tenerci per ora la vecchia Costituzione e ritornare all’originaria proposta di eleggere direttamente dal popoìo un’Assemblea Costituente per la riforma dell’intera Costituzione.
    Sulla legge elettorale non dobbiamo avere paura di riproporre un dibattito chiaro e se nel Paese si forma una maggioranza politica a favore del sistema proporzionale pur con i necessari correttivi e sbarramenti (o sul modello uninominale ma proporzionale della Germania o su quello proporzionale con premio di maggioranza come quello già in vigore per l’elezione dei Consigli regionali) noi dobbiamo stare in questa maggioranza.
    Per queste ragioni dobbiamo promuovere i Comitati del no al referendum Di Pietro senza sottovalutare la proposta dei radicali di una legge di iniziativa popolare per il passaggio al proporzionale puro.

    3b. Il secondo punto del nostro progetto riguarda il tema delle libertà che marciano di pari passo con l’impegno per una giustizia giusta.
    Per noi socialisti la più grande delle libertà è comunque quella di poter pensare in modo diverso dagli altri, dalla cultura cosiddetta dominante, dal partito guida, dal partito padrone e dai partiti chiesa.
    Al di là delle generiche affermazioni sul regime, si allarga nell’opinione pubblica la convinzione che gli spazi di libertà di pensiero, di parola, di azione e persino di associazione si stiano sempre più restringendo. Su questa questione bisogna articolare un grande programma, andando in profondità per difendere i comportamenti liberi degli individui nella società, nei luoghi di lavoro, nelle scuole e nelle istituzioni. Si tratta di fare delle libertà un argomento di battaglia permanente ed articolata, una questione generale per garantire giustizia individuale e collettiva.

    3c. Il terzo tema che vogliamo porre come lombardi all’attenzione del Congresso è il tema del lavoro dipendente e autonomo, preoccupati come siamo di una concezione che fa della ricchezza una colpa e che trasforma il diritto alla previdenza, il diritto alla salute, la giustizia fiscale nei riccometri e nei sanitometri così come vorrebbe ridurre il problema del lavoro al numero di ore settimanali lavorate.
    Noi siamo contro l’introduzione per legge delle 35 ore settimanali e come socialisti della Lombardia in tal senso già ci siamo già espressi in sede di Consiglio regionale.

    4. Le prossime scadenze
    Da oggi iniziamo a raccogliere le prime adesioni al nuovo partito e da domani in Lombardia spariscono le sigle del SI, del PS, del PSDI e dei Laburisti e nasce il nuovo partito dei Socialisti Democratici Italiani.
    Dopo il Congresso nazionale di Fiuggi dal quale torneremo tutti socialisti democratici italiani, senza altre etichette specificative, apriremo il tesseramento unitario per tenere entro l’anno i congressi provinciali, il congresso regionale e nuovamente il congresso nazionale affinché possano essere democraticamente eletti i nuovi gruppi dirigenti e i nuovi organismi.
    Dopo il Congresso nazionale di Fiuggi, se sarà necessario, perfezioneremo il Comitato di coordinamento regionale oggi composto dai rappresentanti del SI, del PS del PSDI e dei Laburisti, anche per garantire una naturale e significativa presenza femminile, così come dovremo definire su indicazione delle federazioni provinciali e dei Comitati di coordinamento provinciali un organismo di direzione regionale, nel quale siano adeguatamente rappresentate tutte le realtà regionali, che ci consenta di organizzare il nuovo partito e di gestirlo fino ai congressi di fine anno, promuovendo il più largo tesseramento possibile, gestendo e ricercando le risorse finanziarie necessarie a far politica, ricercando e prospettando nuove sedi e nuovi punti di aggregazione politica.
    Sul piano istituzionale già il 24 maggio presenteremo in occasione delle elezioni amministrative, in molti comuni anche della nostra regione, le liste dei Socialisti Democratici Italiani; a seconda dei casi il nostro simbolo sarà presente da solo o abbinato ad altri simboli, in alcuni casi ci presenteremo all’interno di coalizioni di centro sinistra, in altri con un proprio candidato sindaco.
    Nella primavera prossima affronteremo le elezioni europee con le liste del nuovo partito e il Congresso nazionale dovrà con chiarezza da subito respingere l’ipotesi D’Alema di liste unitarie con il PDS.
    5. Il nostro 18 aprile
    Se da un lato ho tentato di spiegare come sia sbagliato dar vita al nuovo partito sulle spoglie del passato dall’altro è impossibile oggi non prendere spunto dal 18 aprile di cinquanta anni fa per qualche ultima riflessione.
    Molto probabilmente anche oggi in piazza Duomo, Berlusconi tenterà di riproporre Forza Italia come l’erede della vecchia DC vittoriosa il 18 aprile del 1948 contro i partiti della sinistra, riproponendo se stesso come l’erede di Alcide De Gasperi.
    Lasciamo a lui tutto questo spazio, a noi spetta fare tesoro di alcuni errori commessi allora, assumendoci una parte delle responsabilità di chi allora perse.
    Nenni pensava che l’autonomia socialista avrebbe vinto sull’organizzazione dell’allora PCI e che l’autonomia socialista non sarebbe stata indebolita dall’alleanza con i comunisti, ma non fu così, e nonostante il rapporto di forze favorevole ai socialisti, ciò non avvenne e il frontismo non consentì ai socialisti di far emergere nell’interno della coalizione la loro specifica identità.
    Alle elezioni del 18 aprile di cinquant’ainni fa i socialisti uscirono dimezzati. Pesarono su quel risultato tre fatti: una parte dell’elettorato socialista scelse il centro anziché l’unità delle sinistre, pesò la scissione di palazzo Barberini e pesò l’attacco mosso ai socialisti dall’allora PCI negli anni immediatamente precedenti quando schiere di veri e propri infiltrati fiancheggiarono l’azione disgregatrice di alcune correnti non autonomiste.
    Noi il nostro 18 aprile lo celebriamo oggi riunendo ciò che allora si divise: i socialisti di Pietro Nenni e i socialdemocratici di Giuseppe Saragat, (questo rappresenta un fatto significativo nell’Internazionale Socialista che prenderà presto atto del nuovo partito) avendo ben chiaro che il pericolo peggiore della riedizione di qualsiasi iniziativa di tipo frontista è quello di aprire anche oggi la strada al centrismo e al centro destra.
    Avvenne allora ed è avvenuto più recentemente nel 1994 quando la cosiddetta alleanza progressista portò per la prima volta in Italia i fascisti al Governo.
    Di questo bisognerà avere sempre memoria.

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