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  • 22 luglio 2003 - Biscardini: Articolo per La Gazzetta Politica

    La naturale conseguenza del lavoro svolto da chi ha continuato in questi anni a pensare socialista e a riconoscersi nella tradizione del movimento socialista italiano ed europeo, è quella di unirsi per dar vita ad un’unica forza socialista e riformista, espressione di una moderna sinistra di governo.
    Si tratta di avviare un percorso affinché attraverso una rinnovata iniziativa socialista si possa ristrutturare la sinistra, cambiare i contorni del centrosinistra e far nascere anche in Italia, con il contributo di chi ci sta, un vero partito del socialismo europeo.
    Oggi le condizioni ci sono: siamo di fronte alla crisi dell’attuale sistema politico e la lunga fase di transizione che l’Italia ha conosciuto in questo ultimo decennio, mostra con evidenza i segni del declino.
    E’ il declino del bipolarismo italiano, è il fallimento del tentativo di trasformare il bipolarismo in bipartitismo, è la crisi ormai evidente di quella cultura della politica che si fondava sulla distruzione dei partiti e su una politica senza partiti. Ma è anche il sostanziale fallimento di coalizioni politiche ridotte a rango di coalizioni elettorali con obiettivi strategici molto modesti, unite dall’esigenza di vincere anziché di governare.
    E’ infatti, dentro la sempre più avvertita esigenza di riorganizzare il sistema politico italiano intorno alla ricostruzione delle grandi tradizioni politiche, che trova forza e ragione la ricostruzione di una forza socialista e riformista.
    Questo obiettivo, che per un socialista è quasi un dovere, deve contare in primo luogo su un grande progetto riformatore, quello in grado di delineare i contorni politici e istituzionali della terza repubblica, cogliendo le delusioni che sono maturate nell’elettorato italiano di fronte ai fallimenti della cosiddetta nuova politica. Sono le delusioni dell’elettorato socialista che si è disperso, degli italiani che credevano nel nuovo che non ha dato risultati, delle giovani generazioni che, più europee delle altre, guardano al futuro fuori da una logica della politica come tattica, disponibili alla politica come passione, come progetto di trasformazione della società, come il luogo di battaglie con obiettivi chiari, riconoscendosi in valori forti ed in profonde identità.
    In questo senso la proposta emersa dal Direttivo nazionale dello SDI di costituire da subito un forum, al quale aderiscano tutti i socialisti, “per discutere nel merito di un’eventuale presentazione della lista unitaria alle elezioni europee” è un’indicazione precisa che può avere effetti straordinari sia a livello nazionale che a livello locale, per superare vecchie incomprensioni ed aprire una nuova fase.
    E’ un importante punto di partenza per la costruzione dell’unità dei socialisti, non solo un progetto per mettere insieme dirigenti di diverse formazioni in occasione delle europee, ma un progetto politico che spetta a tutti noi proiettare più lontano verso una nuova formazione socialista e con l’obiettivo immediato di evitare che il centrosinistra si rinchiuda nella rigida logica bipolare Ds più Margherita.
    Quando Enrico Boselli, riferendosi alla scadenza delle elezioni europee, e cogliendo le sollecitazioni venute da più parti, si dichiara disponibile “sia all’ipotesi più limitata costituita dall’apertura delle liste dello SDI a tutti coloro che ne vorranno far parte, sia – nell’ipotesi più impegnativa – a concorrere alla formazione di una nuova lista che nasca da significativi processi aggregativi a cominciare dalla partecipazione dei sindacalisti della UIL”, significa che lo SDI si fa carico di una proposta che ha tutte le condizioni per andare oltre, prospettando per i socialisti italiani un disegno più ambizioso, che non si limita alla tattica delle alleanze ma guarda strategicamente al futuro.
    Diversa è la proposta di Prodi di andare alle europee con un’unica lista dell’Ulivo, mettendo insieme forze riformiste con forze massimaliste, senza alcun dichiarato ancoraggio ad alcun partito o formazione politica di tipo europeo. Non a caso, tutti coloro che in questi giorni si sono dichiarati favorevoli, in modo più o meno convinto, si sono premurati di dire che questa lista comune non rappresenta nessun passo per la costituzione di un partito comune. Qui paradossalmente sta proprio la sua debolezza. Cosa nasconde allora? Che senso ha eleggere quaranta deputati al Parlamento europeo se il giorno dopo si dovessero collocare, come avviene oggi, in gruppi diversi e tra loro anche antagonisti? Che effetto avrebbe sul centrosinistra se dopo questa esperienza elettorale i partiti che lo compongono sarebbero ancora quelli di oggi? E’ solo un’esperienza tattica per affrontare al meglio le europee?
    Altra cosa sarebbe se Prodi, dichiarando la sua disponibilità di aderire al partito del socialismo europeo, chiamasse all’appello tutti coloro che sono disponibili a realizzare in Italia una nuova organizzazione socialista.
    Non tutti i partiti dell’attuale centrosinistra sarebbero in grado di accettare questa proposta, molto probabilmente sia la Margherita che i Ds si spaccherebbero, ma sarebbe un contributo alla chiarezza.


    Milano, 22 luglio 2003

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