Mondoperaio
Associazione Riaprire i Navigli


  • 20 giugno 2005 - Intervista per i siti Oltrenews.it e Girodivite.it

    1. Sembra lontano il risultato elettorale delle regionali. Oggi dopo la sconfitta referendaria la Margherita è a rischio scissione e la leadership di Prodi sembra vacillare. Si è ancora sicuri di poter vincere la competizione elettorale del prossimo anno?

    Tutte le elezioni che si sono svolte in questi quattro anni di governo di centrodestra hanno visto la compagine governativa perdere progressivamente. Interpreto questo dato come una tendenza inarrestabile a favore del successo del centrosinistra. Naturalmente non ci si può cullare su un trend elettorale favorevole; bisogna intervenire in settori specifici della vita politica ed economica del paese e misurarsi sulla grande crisi economica e finanziaria. Il successo del centrosinistra sarà più sicuro quando riusciremo a far capire agli italiani che vincere è necessario per imprimere al paese un profondo cambiamento. Per questo è necessario un progetto di grande innovazione per affrontare i temi più urgenti. Primo, il potere d’acquisto dei salari e degli stipendi dei lavoratori si sta sempre più indebolendo a fronte di un sistema di protezioni della struttura finanziaria ed industriale che non favorisce la liberazione di energie economiche nuove. Secondo, non possiamo continuare ad ammettere una fascia troppo elevata di lavoro precario.


    2. Per risollevare il paese dalla recessione, oltre all’impegno sul potere d’acquisto dei salari, quali riforme strutturali dovrebbero essere poste in essere?

    La crisi, come ho detto prima, è più evidente sul terreno economico e finanziario ma viviamo anche una grave crisi politica ed istituzionale. Questo governo aveva iniziato il suo corso promettendo significative riforme costituzionali e il federalismo, ma arriviamo alla fine della legislatura con un progetto di riforma indecente, che non risolve nessuno dei problemi sul tappeto e che non mette al centro il tema della modernizzazione dello Stato, per organizzare uno Stato in grado di rispondere, in modo più efficace, ai bisogni del cittadino. Ma c’è anche la crisi del sistema politico dovuta al fatto che dopo dodici anni di cosiddetta seconda repubblica ci troviamo di fronte a un sistema di partiti molto fragile, poco ancorati a grandi tradizioni politiche, quindi portatori di valori e ideali deboli e spesso anche confusi.


    3. Questo cosa può comportare?

    Con un sistema politico fragile può succedere di tutto: che si rafforzino le spinte localistiche e populiste (al nord la Lega non cala e al sud, come è accaduto a Catania, ci sono segnali nuovi in questa direzione. E nel caso del recente referendum chi lo ha sostenuto non è riuscito a portare più del 25% di elettori a votare e chi era contrario non ha avuto il coraggio di esprimersi a viso aperto ma si è nascosto dietro l’astensione. Questo segna la debolezza complessiva della destra e della sinistra.


    4. La Cei, nel recente referendum, è scesa pesantemente in campo: i portoni delle chiese erano addobbati in modo strano con manifesti che invitavano all’astensione. C’è il pericolo di una involuzione politica? Del ritorno ad un grande centro cos’ì come sembra volere Tabacci dell’UDC o lo stesso Berlusconi con gli inviti a Rutelli?

    Il centrismo più pericoloso non è quello che può nascere per iniziativa politica ma è proprio quello che potrebbe esprimere la Chiesa. Di fronte alla debolezza dei partiti, gli unici che si sono dimostrati capaci di essere presenti in modo articolato sul territorio sono stati i movimenti vicini alla Chiesa e alla Conferenza episcopale. Non credo che le iniziative che caratterizzano la politica dell’Udc sia quelle a favore di una maggiore autonomia della Margherita, si possano classificare come centriste.
    D’altra parte, tutto il sistema politico ha un problema oggi non risolvibile, stante il fatto che abbiamo una legge elettorale che obbliga i due schieramenti ad unirsi con le proprie ali estreme. Mi riferisco all’esigenza di dare al Paese, sia sul versante del centrodestra che su quello di centrosinistra, una guida con cultura di governo sempre più forte. Una guida che faccia riferimento al riformismo socialista e liberaldemocratico a sinistra e, dall’altra parte, più riconducibile ai movimenti liberali e moderati della destra europea. Purtroppo sul nostro versante pesa ancora, come un incubo, lo scontro di posizioni con la sinistra più radicale (non dimentichiamoci la fine del governo Prodi nella scorsa legislatura) e dall’altra, nel centrodestra, pesano come un macigno le posizioni innaturali e anacronistiche della Lega.


    5. C’è chi, nel Nuovo PSI di De Michelis lavora per creare una lista laica e autonomista per le politiche del 2006. E’ una strada praticabile?

    E’ una strada percorribile e personalmente auspicabile, a condizione che ciò avvenga nell’ambito del centrosinistra. L’ipotesi del rafforzamento della componente riformista, che non è solo quella socialista ma anche cattolica e liberaldemocratica, passa attraverso la riproposizione dell’unità dei socialisti. A distanza di dodici anni dalle elezioni del 1994, la cosiddetta diaspora socialista può essere superata e non tanto per dar vita ad una sorta di rimpatriata di vecchi socialisti ma per riaprire nel paese la questione socialista e socialdemocratica.
    Come in tutti i Paesi europei, anche in Italia non può nascere una forza riformista senza una grande componente socialista che in qualche modo la rappresenta. Un forza socialista che guarda al futuro e non al passato.


    6. La Lega, con il federalismo e il referendum sull’euro, è la spina nel fianco della coalizione di centro destra; Rifondazione comunista, con la patrimoniale che spesso ritorna negli interventi di Bertinotti, appare un grimaldello capace di far saltare la coalizione di centro sinistra. Come pensate di poter governare il paese?

    I pericoli maggiori che possono venire da Rifondazione non sono tanto sulle questioni di merito o di programma ma sulla sua capacità o meno di comprendere il valore dell’azione di governo che si sostanzia in modo efficace attraverso l’adozione di riforme necessariamente progressive. Il percolo viene dalla sua cultura di opposizione, mentre sulle politiche sono più ottimista perché il riformismo socialista non è di destra e quindi può trovare delle intese con le proposte di Rifondazione. Faccio un esempio: se Rifondazione chiede subito l’applicazione della patrimoniale, l’intesa non la troviamo; ma se giudico ingiusto che i lavoratori paghino il 30% di tasse sui loro stipendi mentre le rendite finanziarie sono tassate solo del 12%, allora con Rifondazione si può incominciare a discutere.

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